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Trascrizione
00:00Nascanio, tu hai fatto tante cose sul mondo del lavoro, spettacoli teatrali, monologhi,
00:10documentari, libri, insomma tante cose e questo è un mondo che è stato molto raccontato
00:14un tempo, adesso si racconta un po' meno a parte le tue cose e poco altro, perché
00:19secondo te?
00:20Ma c'è un problema secondo me di schizofrenia, nel senso che da una parte abbiamo la percezione
00:24che produzione e consumo siano due termini ormai molto distanti tra di loro, cioè si
00:31produce in Cina e si consume in Italia per esempio, per cui è difficile vedere come
00:34viene prodotto un oggetto che consumo qui, perché è prodotto a molti chilometri di
00:39distanza e però non c'è più una concezione, una consapevolezza, una coscienza dell'identità
00:46del lavoratore, se tu chiedi a una persona che cammina per strada cos'è, chi è, probabilmente
00:50ti dirà che è un tifoso da Roma o da Lazio, ti dirà che è un ballerino, che gli piace
00:54la musica, che gli piace il teatro o qualsiasi altra cosa, ma difficilmente ti dirà qual
00:59è il suo lavoro, cioè l'operaio che usciva dalle acciaierie e i ragazzini li andavano
01:04a vedere, perché gli operai che uscivano, mi diceva un vecchio operaio che era stato
01:08ragazzino e andava a vedere gli operai che uscivano dalla fabbrica, mi diceva li andavamo
01:11a vedere come se andavano a vedere i ciclisti del Giro d'Italia, ecco non c'è più quell'orgoglio,
01:17non c'è più neanche una coscienza di classe, quindi se manca questa identità e
01:22il lavoratore non si sente più lavoratore ma altro, non c'è più neanche chi lo racconta.
01:27Cosa dobbiamo raccontare del mondo del lavoro?
01:29Dobbiamo raccontare l'individuo secondo me, nel senso che abbiamo perso ovviamente la
01:35coscienza di classe, diceva Leonardo Sanguinetti, sì la lotta di classe c'è ancora, però
01:41la fa il padrone, è lui che è consapevole, sono i padroni che sono consapevoli, hanno
01:46una coscienza di classe, però noi diciamo, ammesso che tutti noi siamo classi subalterne
01:53e dominate, dobbiamo recuperare quantomeno la coscienza individuale, allora dobbiamo
01:58ripartire da me come lavoratore in una fabbrica o in un ufficio o in teatro o al cinema o
02:04in televisione, me come scrittore, me come padre di un bambino che va a scuola, devo
02:09recuperare se non una politica, almeno un'etica.
02:39C'è un uomo su una strada che attraversa le colline di Prestine in provincia di Brescia,
03:02Fausto si chiama, ha 27 anni, è steso a terra accanto ad una moto, una bella moto da fuoristrada,
03:09ha una ferita alla testa molto profonda e sembra tutto chiaro, ha avuto un incidente,
03:13la moto ha sbandato, lui è scivolato, ha battuto la testa ed è morto, ma c'è qualcosa
03:17che non torna.
03:18L'uomo è vestito in un modo particolare, in calzoncini e canottiera.
03:27Va bene, è luglio, fa caldo e comunque uno può andarsene in giro vestito come gli pare,
03:38però ci sono altri particolari, l'uomo ha fatto uno scivolone di 20 metri, ma non ci
03:43sono segni di abrasione sul corpo, solo quella ferita netta alla testa ed era anche vestito
03:49con i calzoncini e la canottiera, avrebbe dovuto ferirsi.
03:51E poi c'è la moto, la moto non appartiene a lui, a parte che non è assicurata, appartiene
04:00al padre di un geometra che lavora per la stessa ditta per cui lavora anche Fausto,
04:05come muratore.
04:06Così qualcuno comincia a chiedersi cosa sia successo davvero a Fausto Spagnoli quel 22
04:11luglio 1997, a Prestine.
04:14Cambiamo scena, restiamo al nord, in provincia di Lecco.
04:23C'è un altro uomo, anche lui un muratore, si chiama Bouzekri e viene dal Marocco.
04:31Ha lavorato per una ditta edile che ha diversi cantieri nella provincia e voleva essere messo
04:39in regola, ma dal momento che i dattori di lavoro volevano continuare a pagarlo in nero,
04:43ha deciso di lasciarli e di andare da un'altra parte, però ha lavorato due mesi, ha avuto
04:49soltanto un piccolo acconto dei 1700 euro che dovrebbero dargli e così l'ultimo giorno
04:54di lavoro aspetta sul cantiere i padroni per avere quello che gli aspetta.
04:57Ma al cantiere non arriva nessuno, così il muratore va ad un bar che di solito viene
05:15frequentato dai dattori di lavoro, ma c'è un furgoncino verde che sta arrivando.
05:20Dentro ci sono due amici dei suoi padroni che lo caricano sul furgone e cominciano a
05:27picchiarlo, gli puntano una pistola alla testa e lo portano in un'area di servizio fuori città.
05:31Qui lo fanno scendere e lo minacciano, non dire niente,
05:40non dire niente a nessuno se no ti ammazziamo.
05:49Perché? Cosa dovrebbe raccontare il signor Buzzekri Zituni lasciato in quella
06:00piazzola vicino all'eco quell'8 aprile del 2008?
06:13Cambiamo scena ancora. Anche Aiva è un lavoratore straniero,
06:18ma non lavora al nord, sta al sud, in Calabria, vicino a Rosarno.
06:22Non lavora nell'edilizia ma nell'agricoltura, raccoglie arance e mandarini nei campi della
06:30zona come tanti altri lavoratori stagionali che vengono dall'Africa, come lui che viene dal Togo.
06:35Un pomeriggio, verso le due e mezzo, Aiva sta camminando assieme ad un altro lavoratore
06:51africano lungo la statale che va a Gioia Tauro. Dietro di loro c'è un'auto,
06:56un grosso fuoristrada scuro che si avvicina lentamente. L'auto li sorpassa, il finestrino
07:01del fuoristrada si abbassa e ne esce la canna di un fucile da caccia caricato a palline.
07:06Che punta dritta su Aiva 6v. Sta per succedere qualcosa,
07:10qualcosa di grosso, quel pomeriggio del 7 gennaio del 2010, a Rosarno.
07:22Altra scena ancora, ancora al sud, a Montessano sulla Marcellana, in provincia di Salerno.
07:27C'è un uomo, un signore che si chiama Pasquale e che lavora nella forestale della comunità
07:32montana. Il signore Pasquale ha una figlia di 15 anni che si chiama Giovanna.
07:43Io sono Pasquale Curcio, padre di Giovanna Curcio. Ho 53 anni, anche se forse sembra da 60 perché
07:53del dolore che ho avuto non lo fa curare nessuno. Perché? Cosa è successo al signor Pasquale Curcio
08:01il 5 luglio del 2006? Cosa è successo a Giovanna?
08:09Ancora un'altra scena, torniamo su al nord, a Torino. Antonio è un operaio specializzato
08:15che lavora alla Thyssenkrupp di Corso Regina Margherita. È un grosso stabilimento siderurgico
08:26che produce un nastro d'acciaio, quello che serve per fare le lavatrici, per esempio,
08:30o le portiere delle auto. È un lavoro particolare. Il forno in cui l'acciaio passa 25 metri al
08:35minuto, è lungo 50 metri, è alto come un vagone a due piani e sviluppa un calore di 1180 gradi.
08:42Bisogna stare attenti e infatti Antonio lo è, come lo sono anche gli altri sette operai che
08:49lavorano con lui nella squadra e come lo è il capoturno che si chiama Rocco. Anche se in effetti
08:53ci sarebbe qualcosa di più piacevole a cui pensare. Per esempio, il figlio che è nato da
08:58Antonio da appena un mese, il primo maschio dopo due femmine. E cosa c'è di più bello,
09:03di più dolce, che pensare ad un bambino di un mese, il tuo bambino?
09:17Oppure immaginare cosa fare dopo la pensione che sta arrivando, come per Rocco. Poco più di un mese
09:22e poi tutte quelle cose che si sognano assieme alla moglie, che lavora come te da tanti anni
09:27e che non si possono fare per mancanza di tempo. E invece adesso sì, tutti quei progetti.
09:40Tutto questo però dopo. Adesso c'è il lavoro, adesso bisogna stare attenti perché nel frattempo
09:45succede qualcosa, una scintilla da fuoco di un mucchietto di carta imbevuta d'olio.
09:49Succede ogni tanto e infatti gli operai arrivano con gli estintori.
09:58Ma ecco che succede un'altra cosa. Si rompe un tubo che porta olio ad alta
10:02pressione, che a contatto con il fuoco si incendia.
10:18È una strage. Ma perché è successo? Perché sono morti Antonio Schiavone e poi Rocco Marzo e altri
10:24cinque operai per l'incendio di quella notte del 6 dicembre del 2007, a Torino?
10:35Ultima scena. O meglio, più che una scena, questo dovrebbe essere un fotogramma. Il fotogramma di
10:40un'espressione. L'espressione sorpresa, ferita e arrabbiata, che soltanto un grande attore sarebbe
10:46in grado di riprodurre a freddo, ma che a volte nella vita viene spontanea, quando ci si trova
10:50davanti a qualcosa di cattivo e di assurdo.
10:55È quello che accade a Claudio, che lavora, come ha detto la GRU, in una delle più grandi raffinerie
11:00d'olio d'Europa, la Umbria Oli, di Campello sul Cliturno, in provincia di Perugia. Claudio ha 28
11:07anni, è arrivato tanti anni prima dall'Albania e adesso non lavora più la Umbria Oli perché ha avuto
11:12un incidente. La mattina del 25 novembre del 2006 era nella cabina della GRU quando il Silos 95 è
11:20esploso, lanciando verso il cielo i quattro operai che ci stavano lavorando sopra e facendoli
11:25ricadere a terra come stracci incendiari.
11:32Due anni dopo, Claudio, si vede recapitare un atto di citazione da parte del Tribunale Civile di
11:37Spoleto. Sono i titolari della Umbria Oli, i padroni del Silos, che hanno presentato una richiesta
11:43di risarcimento.
11:44La ditta Umbria Oli, nella persona di Giorgio del Papa, vi ha manifestato solidarietà, vicinanza?
11:50Sì, gli rendono 5 milioni e 80 mila euro.
11:55Di risarcimento d'anni?
11:56Di risarcimento d'anni, sì.
11:57Un risarcimento da chi? Da lui. 5 milioni di euro per aver provocato l'incidente. L'espressione di
12:03Claudio De Miri deve essere la stessa dei familiari dei quattro operai uccisi che si vedono
12:08recapitare una richiesta di risarcimento per 30 milioni di euro, 30 milioni, dalle famiglie degli
12:14operai morti che devono pagare per l'incidente che li ha uccisi.
12:21Detto così, sembra veramente assurdo. Come sembrano assurde tutte le storie che stiamo raccontando.
12:26Perché è assurdo il filo che le lega. Che lega muratori del nord a abbraccianti agricoli del sud,
12:32a operai di tutta Italia, stranieri, italiani, stagionali, regolari o clandestini.
12:37Perché questa è la storia di tante morti sul lavoro. Questa è la storia della morte sul lavoro.
12:44Il lavoro direi che per tutti noi è uno strumento grande di emancipazione e di vita.
12:51Se non ci fosse il lavoro non so cosa saremmo.
12:56L'articolo 1 della nostra Costituzione dice che l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
13:02È tante cose il lavoro, oltre a essere il fondamento di un paese. È quella cosa che dà da mangiare,
13:07naturalmente, che permette di vivere, ma è anche quella cosa che la vita la organizza,
13:11che ne stabilisce tempi e luoghi. E poi, quando è quello giusto, quando è un lavoro che piace,
13:16è un ottimo modo per esprimere il proprio talento, per realizzarsi, per fare qualcosa nel mondo.
13:34È tante cose il lavoro, ma spesso è qualcosa che non dovrebbe essere. Troppo spesso.
13:39Nel 2009 in Italia ci sono stati 790.000 infortuni sul lavoro.
13:44Significa che ogni giorno più di 2.000 persone si fanno male.
13:48Di questi 790.000, 1050 sono morti.
13:52Significa quasi 3 persone al giorno, inclusi festivi.
14:03Eppure il lavoro non è quello, non è morire o farsi male.
14:06Per esempio, non è così per Giovanna, che è una ragazzina di 15 anni che vive a Casalbuono,
14:11un paese in provincia di Salerno. A Giovanna non piace andare a scuola, non piace studiare.
14:16A Giovanna piace lavorare.
14:22Mia figlia Giovanna purtroppo non le piaceva studiare. È andata all'alberghero, a San Arsenio.
14:30A San Arsenio purtroppo non le piaceva. Voleva lavorare.
14:36Nella sua mente pensava, questo lo diamo a tutti, chi è lavoro.
14:42E allora ha deciso di lavorare.
14:44E infatti Giovanna trova lavoro. Trova lavoro in un paese vicino,
14:48nella frazione di Prato Comune di Montesano sulla Marcellana.
14:52Cucire materassi per la ditta del signor Maceri,
14:55che ha un laboratorio in un palazzo di tre piani, Palazzo Ciuffo si chiama.
15:01Il laboratorio non è un granché.
15:03Sta in uno scantinato, 12 metri e mezzo per dieci,
15:06con sei macchine da cucire e sei donne che ci lavorano.
15:09L'impianto elettrico non è a norma. Ci sono fili della luce che penzolano.
15:13Non ci sono uscite di sicurezza e non c'è un impianto antincendio.
15:25Non c'è neanche un'attacca per le donne,
15:28non c'è neanche una targa fuori dalla porta,
15:30perché quello è un vero e proprio laboratorio fantasma.
15:33La ditta è iscritta alla Camera di Commercio di Salerno da sei anni,
15:37ma il laboratorio è sconosciuto all'ispettorato del lavoro.
15:40Le donne che ci lavorano dentro, che cucinano i materassi,
15:43lavorano tutte in nero, senza un contratto.
15:58Giovanna, per cucire i materassi, prende un euro all'ora.
16:03Mio figlio ha lavorato per cinque, sei mesi.
16:06Per un paio di mesi gli davo un euro all'ora.
16:11E io, quando l'ho saputo, mi sono arrabbiato.
16:13Dico, ma Giovanna, perché non ti stai a casa e cucini a papà?
16:18No, mi ha detto che mi aumenta.
16:25Ma dico, lascia stare, non c'è andare.
16:28E poi, ogni cosa.
16:30Dice, papà, ma poi quello mi aumenta e...
16:36E voglio andare a lavorare.
16:38Perché senza fare niente non ci sapevo stare.
16:40Non è che servano proprio, in casa Curcio, quell'euro 50,
16:43però Giovanna è una che, con le mani in mano, non ci sa stare.
16:49È una a cui piace lavorare.
16:51Sul posto di lavoro, infatti, ha trovato anche un'amica.
16:54Perché anche questo, il lavoro, non è soltanto i soldi.
16:57È anche un posto in cui trascorrere parte della giornata.
17:00Il lavoro è un pezzo di vita, della nostra vita.
17:07A lavorare al laboratorio del suo padre,
17:10a lavorare al laboratorio del signor Maceri,
17:12assieme a Giovanna, c'è anche Anna Maria.
17:18Il lavoro che consisteva in cucina a macchina
17:22e coprimaterassi, cuscini.
17:28Solo lavoro a macchina faceva,
17:30perché la chiamava per il fatto che sapeva cucina a macchina.
17:35È l'unico lavoro che faceva.
17:37Anna Maria è come Giovanna, con le mani in mano non ci sa stare
17:40e anche a lei piace lavorare.
17:42Diventano amiche nonostante la differenza d'età.
17:44Sono come madre e figlia.
17:46È bello andare a lavorare, parlare anche con le altre,
17:49fare qualcosa tutti assieme.
17:51Certo, il posto non è un granché,
17:53ma hanno promesso che sposteranno il laboratorio
17:55in un'altra stanza, dove si sta meglio.
18:03E invece, succede un'altra cosa.
18:05Il 5 luglio del 2006, alle dieci e mezzo di mattina.
18:08Guardo mio nipote dicendo
18:10guarda zio, dopo il lavoro a Giovanna è successo un incendio.
18:14Ma dico come un incendio?
18:16A prima vista non ho pensato.
18:19Un incendio?
18:21Andiamo.
18:24Per strada.
18:27Per strada.
18:35Ho visto il fuoco.
18:41E poi pensavo sempre che non erano dentro.
18:45Pensavo sempre che erano fuori.
18:47È successo che c'è stato un cortocircuito,
18:49una ciabatta, un filo, una scintilla,
18:51che ha dato fuoco ad una pila di lastre di poliuretano espanso,
18:54le imbottiture dei materassi, che sono molto infiammabili.
19:03Questo secondo i periti del Tribunale di Sala Consilina,
19:06perché il laboratorio prende subito fuoco, in un attimo.
19:09I vigili del fuoco non mi volevano far passare.
19:12Ho detto datemi una pompa, datemi quello che volete.
19:18E sono sceso giù.
19:20Sono sceso giù.
19:23Ho gridato, datemi l'acqua.
19:26Hanno aperto l'acqua, hanno buttato l'acqua.
19:30Ormai ho capito che non c'era niente più da fare.
19:34Sono tornato sopra,
19:38cercando qualche altro buco di dove si doveva entrare.
19:42E sono entrato per l'entrata, entro il palazzo.
19:45Sono sceso le scale.
19:48Un vigile del fuoco è venuto insieme a me.
19:52È arrivato un certo punto.
19:56Avevo la manichetta in mano.
19:58Ho detto datemi l'acqua.
20:00Hanno dato l'acqua.
20:14Ma non serve a niente. Giovanna e Anna Maria sono già morte.
20:18Le altre donne che lavoravano con loro sono riuscite a scappare dal laboratorio.
20:22Giovanna e Anna Maria sono andate in bagno a cercare dell'acqua per spegnere l'incendio.
20:26Ma il poliuretano espanso, quando brucia, diventa tossico,
20:30sviluppa acido cianidrico che uccide in fretta.
20:33È quello che si trovava dentro lo Zyklon B, il gas usato nei campi di esterminio nazisti.
20:49Anna Maria e Giovanna le trovano in bagno.
20:51Anna Maria sopra, come a proteggere Giovanna.
20:53Morte tutte e due, in quello scantinato di Palazzo Ciuffo.
21:19Non era praticamente una fabbrica, era un semiterrato,
21:23sotto un palazzo dove c'erano tre o quattro piani di abitato,
21:29però dal piano superiore c'era la scuola elementare e un asilo,
21:34un asilo del comune di Montesano.
21:37Poi si è scoperto che non era una fabbrica,
21:42non c'erano i permessi, però lo sapeva il comune,
21:46sapeva che c'era quando aveva inviato dei vigili a fare dei controlli per quando riguarda la spazzatura.
21:53La camera di commercio aveva chiesto al comune se sta ditta esisteva oppure no.
22:00Quindi, alla fine, quando è successo l'incidente,
22:04diciamo l'incidente di Palazzo Ciuffo,
22:07nessuno sapeva che esistesse, però prima lo sapevano tutti.
22:12La procura di Sala Consilina, competente per territorio, apre un'inchiesta.
22:16Quel laboratorio era privo di permessi e in quello scantinato
22:20non si poteva esercitare nessuna attività lavorativa,
22:23nonostante dentro ci lavorassero sei persone e in quelle condizioni.
22:38I familiari delle vittime e il sindacato accusano il comune di Montesano
22:42di non aver fatto i necessari controlli,
22:44ma prima la procura e poi il tribunale lo ritengono completamente estraneo a questa vicenda.
22:49Il signor Maceri, invece, viene giudicato colpevole di omicidio colposo plurimo
22:54e condannato a otto anni di carcere in primo grado e 300 mila euro di risarcimento.
22:59Alla fine siamo arrivati alla sendenza, ma non siamo arrivati alla fine.
23:04Siamo arrivati alla sendenza, ma non è che ci abbiamo molto soddisfatto.
23:09Non tanto per il risarcimento, perché diciamo, non è che volevamo dei soldi.
23:13Volevamo vedere almeno in galera chi era il colpevole.
23:17Però alla fine è andato otto anni, ha fatto i ricorsi in appello,
23:20è tranquillo, in giro, come se niente fosse.
23:23Eppure non dovrebbe essere così.
23:25Se uno piace lavorare e il lavoro è quello giusto,
23:28dovrebbe essere un momento di felicità e non di dolore.
23:30Nascono delle amicizie sul posto di lavoro, dei legami
23:33e uno ha voglia di andarci per fare qualcosa con persone che sono anche amici
23:38e magari anche al di fuori del lavoro.
23:47Una squadra, come succede spesso in fabbrica.
23:50Operai che per ruolo, per turno o per semplice affiatamento
23:54si trovano sempre a lavorare insieme e sviluppano un legame.
23:57Come succede in guerra o in trincea, ma quello è l'affiatamento del pericolo.
24:01Il lavoro è un'altra cosa.
24:03Il lavoro è una cosa che si fa in sicurezza
24:05e l'unico affiatamento è quello del fare.
24:07Sono Piero Barbetta, ho 45 anni,
24:11operaio della ThyssenKrupp,
24:14lavoravo lì in ThyssenKrupp dal 1996.
24:19Io ero una persona che ero attaccata al lavoro,
24:24ero una persona che mi piaceva il mio lavoro,
24:28a me piaceva lavorare in quell'azienda,
24:31non prendevo quasi mai permessi,
24:35non arrivavo mai in ritardo,
24:38ero molto attaccato al lavoro.
24:40In Corso Regina Margherita, Torino,
24:42c'è uno stabilimento che produce acciaio.
24:44Lo possiede uno dei gruppi europei più importanti nel campo della siderurgia,
24:48la ThyssenKrupp AG,
24:50che ha sede in Germania e filiali in tutto il resto del mondo.
24:53Il valore di ThyssenKrupp è arrivato a 2,6 miliardi d'euro.
24:58L'evoluzione del valore è arrivata a 3,3 miliardi d'euro,
25:02dopo 2,6 miliardi d'euro nell'anno precedente,
25:04un valore storico,
25:06un alto risparmio e una capacità al massimo
25:09che ha compensato, in parte,
25:11la crescita drastica del risparmio e dei prezzi energetici.
25:15In Italia, la ThyssenKrupp ha due stabilimenti,
25:17uno a Torino e uno a Terni.
25:19Quello di Torino sta per essere chiuso
25:21e la produzione spostata su quello di Terni.
25:24Intanto, però, a Torino si lavora
25:26e bisogna farlo in sicurezza, naturalmente,
25:28perché manovrare forni alti come un treno a due piani,
25:31che sviluppano più di mille gradi di calore,
25:33non è uno scherzo.
25:34Subito dopo dichiarata la chiusura della fabbrica,
25:39non era sicuramente dei migliori.
25:41Man mano sono andate sempre più a scemare
25:44sia le manutenzioni
25:46e sia tutti i lavori di pulizia e quant'altro.
25:51Noi, da parte nostra, avevamo preso iniziative
25:55per come scioperi questa roba qua,
25:58però, diciamo, ormai l'azienda era decisa
26:02a fare questa chiusura.
26:07Subito ci siamo accorti che le cose andavano sempre peggio,
26:12tant'è che subito dopo l'estate del 2007
26:18noi eravamo rimasti praticamente senza manutentori.
26:21La manutenzione, anche il pronto intervento,
26:24era gestito da ditte private,
26:27quindi non erano più i nostri che gestivano
26:30e non avevano sicuramente le competenze del caso.
26:34C'era già stato un incidente su un impianto della Thyssen
26:37simile a quello di Torino.
26:40Nel giugno di quell'anno, il 2006,
26:42c'era stato un incendio piuttosto grosso
26:44allo stabilimento di Krefeld, in Germania.
26:46Si era sviluppato alla linea di ricottura e decappaggio,
26:49a PL5 si chiama.
26:51Serve a ripulire l'acciaio dall'impurità
26:53e a ammorbidirlo per poterlo stampare.
26:57Dopo l'incendio, la Thyssen aveva deciso
27:00di dotare la PL5 dello stabilimento di Krefeld
27:03di un sistema antincendio particolarmente sofisticato.
27:06Il management della Thyssen aveva deciso di dotarne
27:09anche gli altri PL5 degli altri stabilimenti.
27:12Nell'ottobre del 2007, su parere dei vari consulenti,
27:15viene deciso di dotarne anche lo stabilimento di Torino.
27:24Ma a Torino, quel 6 dicembre del 2007,
27:27quell'impianto antincendio ancora non c'è.
27:30La sera della tragedia era iniziata come tutte le altre sere.
27:34Io facevo il turno di notte dalle 22 alle 6.
27:37Sono andato tranquillamente a lavorare.
27:40Ho dato il cambio ai miei colleghi.
27:42Noi avevamo l'abitudine di ritrovarci 10 minuti
27:45prima di dare il cambio davanti alla macchinetta del caffè
27:48per prendere il caffè e ci salutavamo.
27:51Poi ognuno si dirigeva verso il proprio impianto.
27:54Quando verso mezzanotte, mezzanotte qualcosa,
28:01mezzanotte quaranta penso di preciso,
28:04non so ricollocare il tempo impreciso.
28:07L'impianto dove lavoravo io si è fermato di colpo.
28:11Dal supervisore che avevo in cabina,
28:15ho visto che il problema era una briglia,
28:18era scattato il motore di una briglia,
28:20che è un grosso rullo che trascina il nastro,
28:23era scattato il motore.
28:25E quindi io ho provato a ripristinare,
28:27il PLC non si ripristinava e sono andato,
28:29perché io sull'impianto giravo in bici,
28:31perché l'impianto era 300 metri,
28:33quindi mi spostavo in bici.
28:35Mentre mi accingeva a salire in bici,
28:37da un sottopasso che collega la linea 5 con la linea 4,
28:41proprio passa sotto l'impianto,
28:44ho sentito urlare, vedo Antonio Boccuzzi,
28:48che urlava aiuto, aiuto corrette.
28:50Sono arrivato fino, c'era anche fin da loro,
28:53appena sono uscito che mi potevano vedere
28:55ho iniziato a gridare come un pazzo,
28:57per far vedere che comunque era successo qualcosa dall'altra parte.
29:01Antonio Boccuzzi arriva dal reparto di ricottura e decappaggio.
29:05Non avrebbe neanche dovuto esserci,
29:07è rimasto per fare lo straordinario
29:09assieme agli amici della squadra.
29:11Mi sono messo nello zaino, mi sono messo nello zaino sulla squadra,
29:13mi stavo andando, ho detto a Tony no vado via,
29:15perché sono a piedi.
29:17Tony ci pensa un attimo, mentre stava andando via,
29:19mi richiama e mi fa dai rimani, ti accompagno io.
29:23Laggiù, nel reparto APL5 della Thyssen di Torino,
29:27ci sono Antonio Schiavone, che ha avuto un bambino da un mese,
29:30c'è Rocco Marzo che sta per andare in pensione
29:32e ci sono altri cinque colleghi.
29:34Ci siamo visti, le fiamme diventavano un cavallone,
29:39come fosse un cavallone, un'onda enorme, un'onda anomala,
29:42solo che era fuoco, non era acqua.
29:47Ha invaso, ha preso tutti i ragazzi,
29:49ha preso tutti i ragazzi,
29:51io avevo una distanza di circa due metri da loro,
29:54un metro e mezzo, non lo so,
29:56però li ha investiti tutti e non vedevo più niente,
30:00li cercavo ma non li vedevo più, erano avvolti dalle fiamme.
30:03Praticamente è l'inferno,
30:05cioè le fiamme che arrivavano al carroponte,
30:07il carroponte sarà sui 10-15 metri di altezza,
30:12e facevano tutto un muro che tagliavano la linea a metà,
30:15praticamente non si poteva passare,
30:17era un muro di fiamme,
30:19però era ancora un 50 metri da dove mi sono avvicinato,
30:24sono andato proprio vicino,
30:26e quando sono arrivato lì c'era Boccuzzi che gridava,
30:31ci sono gli altri dentro, ci sono gli altri dentro.
30:34Ci sono gli altri là dentro, in quell'inferno,
30:37gli altri sono Roberto Scola,
30:39Angelo Laurino, Bruno Santino,
30:41Rosario Rodinò e Giuseppe De Masi,
30:44la squadra che assieme ad Antonio Schiavone e Rocco Marzo
30:48lavorava all'APL5 quella sera.
30:50A un certo punto ho visto un ragazzo spuntare dalle fiamme,
30:54l'ho riconosciuto dal modo in cui camminava,
30:56ho riconosciuto che era Scola, uno dei ragazzi infortunati,
31:00ho provato a vedere quello che riuscivo a fare,
31:03a spegnere le fiamme di dosso con la mia maglia,
31:06quello che sono riuscito a fare.
31:08Dentro si sentivano le urla di aiuto,
31:11che probabilmente era Antonio Schiavone,
31:15detto Tony,
31:17e a terra c'erano Roberto Scola e Angelo Laurino,
31:24che erano praticamente nudi,
31:37non avevano più niente addosso,
31:39irriconoscibili, perché io dopo l'ho riconosciuto,
31:42perché erano tutti uguali,
31:45avevano solo le scarpe che bruciavano
31:48e qualche altro pezzo di indumento,
31:51io usavo un giubbotto tipo da pescatore,
31:54multitasche dove avevo il cellulare e tutta la mia roba,
31:57l'ho buttato a terra perché era d'inverno,
31:59mi sono tolto un maglione
32:02e ho cercato di spegnere quello che era rimasto.
32:08Dopodiché mi sono resto conto che non potevamo fare niente,
32:13eravamo impotenti di fronte a una situazione del genere,
32:17allora ho chiesto a Boccucci se aveva chiamato aiuto,
32:19se aveva chiamato i soccorsi o qualcosa.
32:38Ho abbarcato il passaggio di nuovo che avevo fatto prima,
32:42al contrario, mi trovo
32:45e vedo arrivare incontro
32:48Bruno Santino,
32:51Rosario Rodinò,
32:55Rocco Marzo
32:58e De Masi.
33:01De Masi mi ha riconosciuto lui,
33:04io non li avevo riconosciuti,
33:07cioè li avevo visti ma non sapevo chi era uno e chi era l'altro.
33:10Però De Masi mi chiedeva,
33:13Piero come sono in faccia?
33:16Lui era un ragazzo
33:22curato, diciamo si curava
33:25e si preoccupava di cosa aveva in faccia.
33:28Io gli ho detto, no stai tranquillo, non ti preoccupare,
33:31non hai niente, ho chiamato i soccorsi,
33:34cercavo di rassicurarlo però
33:37erano in una condizione.
33:40Io Rocco Marzo l'ho riconosciuto quando lui ha chiesto
33:43aiuto che non respirava,
33:46perché è l'unica, non si lamentavano di dolore niente.
33:49Ha detto che non respirava,
33:52allora io l'ho aiutato a salire sull'ambulanza
33:55però non sapevo dove mettere le mani.
33:58Antonio Schiavone l'hanno tirato fuori dopo
34:0140 minuti già morto
34:04perché lui è praticamente l'unico che è morto subito,
34:07che è rimasto dentro, l'hanno tirato fuori vicino al fuoco.
34:29Io fino a che non sono arrivato a casa sono,
34:32infatti anche i miei colleghi sono uno di quelli
34:35che è riuscito a tenere diciamo
34:38se vogliamo l'ucidità diciamo, a essere freddo,
34:41però quando sono arrivato a casa
34:44prima di dire a mia moglie quello che era successo
34:47praticamente è passato mezz'ora.
34:53È una strage,
34:57una strage che commuove e colpisce tutta l'Italia.
35:00Antonio Schiavone è morto sul colpo
35:03e gli altri lo seguiranno nei giorni successivi.
35:06Roberto Scola muore la mattina,
35:09Angelo Laurino muore il pomeriggio,
35:12Bruno Santino muore la sera.
35:16Gli altri, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe De Masi
35:19resistono una decina di giorni
35:22e poi muoiono uno dopo l'altro.
35:25L'unica cosa che ho potuto avere il contatto con lui
35:28sono i suoi piedi.
35:31Al sesto giorno alla caposala mi ha detto
35:34vieni che ti faccio un regalo.
35:37Ha alzato la coperta termica e io ho baciato i suoi piedi.
35:40L'ultimo giorno mi ha detto
35:43vieni che ti faccio un regalo.
35:46Che cosa è successo quella notte?
35:49È successo che un nastro d'acciaio ha sfregato contro qualcosa
35:52e ha fatto scoccare una scintilla che ha piccato un incendio.
35:55Gli operai hanno cercato di spegnerlo con gli estintori
35:58ma non ci sono riusciti.
36:01Di primo acchito abbiamo preso gli estintori per spegnerlo
36:04ma questi estintori erano semi vuoti.
36:07Io stesso ero davanti a mezzo metro di distanza dall'incendio
36:10Nel frattempo si è rotto un tubo
36:13che portava olio ad una pressione molto forte.
36:16Migliaia di goccioline nebulizzate di olio
36:19sono entrate in contatto con la fiamma
36:22e sono diventate un muro di fuoco.
36:25L'inferno, come dice Piero Barbetta.
36:28Ma perché è successo?
36:31Quest'olio, uscendo a forte pressione e nebulizzando
36:34si è incendiato colpendo quelle persone
36:37che erano impegnate allo spegnimento.
36:40Si può definire una vera fatalità.
36:43Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto
36:46della Repubblica di Torino, Raffaele Guariniello
36:49portano al rinvio giudizio di sei manageri
36:52che hanno preso conto di un incendio
36:56Uno è l'amministratore delegato
36:59della Thyssen Group Acciai Speciali Terni S.P.A
37:02che possiede lo stabilimento di Torino
37:05Harold Espenan.
37:14L'accusa è quella di aver omesso di dotare
37:17lo stabilimento di Torino e la linea PL5 in particolare
37:20di sistemi di sicurezza adatti a prevenire
37:23incidenti e disastri come quello che è successo.
37:26E poi, sempre secondo l'accusa,
37:29estintori insufficienti e inefficaci,
37:32la mancanza di un pulsante di emergenza
37:35per chiudere le condotte d'olio in caso di pericolo,
37:38manutenzione ridotta e nessun capoturno
37:41specializzato in sicurezza, come avrebbero dimostrato
37:44altri incidenti avvenuti in passato.
37:47E per Harold Espenan, 44 anni, da Essen, Germania
37:50c'è anche l'accusa di omicidio volontario
37:53con dolo eventuale.
37:56Dolo eventuale. Quando un imprenditore,
37:59un dattore di lavoro,
38:02si rappresenta che può esserci un rischio
38:05che ad esempio un lavoratore
38:08rimanga infortunato
38:11oppure che capiti un incendio
38:14e che in questo incendio
38:17dei lavoratori possono morire.
38:20Si rappresenta questo rischio
38:23e benché se lo sia rappresentato,
38:26cioè si sia reso conto
38:29che c'è questo rischio,
38:32non ha smesso di svolgere
38:35quel tipo di attività,
38:38ha accettato sostanzialmente
38:41questo rischio.
38:45Secondo l'accusa, il manager della Thyssen
38:48sapeva che c'era il rischio che potesse succedere qualcosa,
38:51ma non ha fatto niente.
38:54Ha rinviato l'installazione dell'impianto di sicurezza
38:57in un reparto, in uno stabilimento
39:00che sarebbero stati trasferiti da un'altra parte.
39:03Espenan invece non si ritrae.
39:06Il suo interrogatorio è molto lungo
39:09e verso la fine l'amministratore delegato dice
39:12che il rischio di morto della Thyssen
39:15è di 1 milione e mezzo di euro.
39:18La linea 5 doveva essere trasferita a Terni,
39:21i soldi sarebbero stati spesi dopo il trasferimento.
39:24Il processo ai manager della Thyssen
39:27sotto accusa per la morte dei 7 operai
39:30si apre il 15 gennaio 2009
39:33presso la corte d'assise di Torino.
39:36E' vero che non ci riporteranno indietro
39:39il rischio di morto della Thyssen.
39:42Il processo è ancora in corso.
39:45Dal processo sicuramente mi aspetto giustizia.
39:48Penso che questo sia un rischio
39:51che non è un rischio,
39:54ma un rischio che non è un rischio.
39:57E' un rischio che non è un rischio,
40:00ma un rischio che non è un rischio.
40:03E' un rischio che non è un rischio,
40:06ma un rischio che non è un rischio.
40:09Io penso che questo sia
40:12un atto dovuto nei confronti dei miei colleghi.
40:21Quindi penso che tenere duro e andare avanti
40:24in questa cosa, indipendentemente
40:27da qualsiasi cosa succeda,
40:30sia un atto dovuto.
40:34Non si può uscire di casa,
40:37andare a lavorare e non tornare più.
40:56Da quella notte lì non siamo rientrati più.
40:59La cosa che è stata
41:02e che mi ha anche fatto male
41:05è il fatto che l'azienda,
41:08nonostante saputo che io ero lì quella notte,
41:11sono intervenute tutto,
41:14non mi ha mai contattato a dire come stavo o come non stavo.
41:17Io l'unico contatto che ho avuto è stato
41:20a marzo una raccomandata
41:23che mi diceva che io ero in casa integrazione.
41:26E non si può negare, come in tanti casi,
41:29che l'azienda è considerata un momento di vita,
41:32ma solo un mezzo per fare soldi,
41:35più in fretta possibile e al minor costo possibile.
41:38Una cultura d'impresa orientata
41:41alla competitività ad oltranza,
41:44orientata alla fretta,
41:47orientata a generare un lavoro
41:50in cui non esistono né pause, né pori,
41:53né interruzioni perché tutti debbono correre,
41:56ma solo un mezzo per fare soldi.
42:26Lei ha rilasciato in passato pericolose, lo dico tra virgolette, interviste.
42:29Ha detto che i sindacati non avrebbero mai messo piede nella sua azienda?
42:32Ma cosa vuol dire?
42:35Ma cosa vuol dire?
42:38Ma cosa vuol dire?
42:41Ma cosa vuol dire?
42:44Ma cosa vuol dire?
42:47Ma cosa vuol dire?
42:50Ma cosa vuol dire?
42:53Ma cosa vuol dire?
42:59Ma cosa vuol dire?
43:02chiunque può entrare e uscire nel nostro cantiere.
43:05Attorno alle 9 del mattino del 13 marzo 1987,
43:09dalla stiva numero 2 dell'Elisabetta Montanari,
43:12in riparazione nei cantieri della McNavy,
43:14esce un denso fumo nero.
43:20Arrivano i pompieri che aprono uno squarcio
43:22sulla fiancata della nave e riescono a domare l'incendio.
43:25Ma le fiamme non sono l'unico problema che li assilla.
43:28Il problema è la gente che c'è dentro la nave,
43:31gli operai che ci stavano lavorando.
43:35Quanti sono? Non lo sa nessuno.
43:37E dove sono? Non si sa neanche quello.
43:39Le stive sono un labirinto.
43:53Alla fine lo scoprono quanti sono gli operai
43:55che lavoravano nella pancia dell'Elisabetta Montanari.
43:595 sono riusciti a scappare,
44:01ma 13 sono ancora là, nella stiva numero 2,
44:04e sono tutti morti.
44:11E che cosa ha fatto?
44:12Che cosa era venuto spontaneo a fare?
44:15Scappare.
44:16Com'è successo?
44:17Lo racconta un sopravvissuto,
44:19un carpentiere che stava lavorando
44:21con una fiamma ossidrica all'interno della stiva.
44:24C'è una pozza d'olio che prende fuoco.
44:26Il carpentiere cerca di spegnerla con i guanti da lavoro,
44:29non ci riesce.
44:30Il calore scioglie il catrame delle paratie
44:32e aumenta la fiamma.
44:33Così prendono fuoco i rivestimenti dei serbatoi
44:35che sviluppano un denso fumo nero,
44:37carico di ossido di carbonio e acido oceanidrico.
44:41Nei dopifondi della stiva ci stanno i picchettini,
44:44gli operai che si occupano di ripulire le paratie.
44:47Stanno ristretti al buio, stesi sulla schiena,
44:51quando all'improvviso vengono investiti dal fumo.
44:53Dei ragazzi che si trovano condannati
44:56per non sembrare gente che non vuole lavorare,
44:59condannati ad accettare lavori di questo genere
45:01che nessun uomo di buon senso potrebbe accettare.
45:04Io ho detto ieri, mi sono permesso di dire in cattedrale,
45:07se una mamma o un papà fossero andati a vedere quel luogo
45:11avrebbero detto
45:12«No figlio mio, è meglio che tu stia povero con noi,
45:15che questo può portare a casa 150 mila lire al giorno».
45:20Muoiono tutti, non subito, non di colpo.
45:23Ci mettono tra i 50 e i 60 minuti dopo lo sviluppo dell'incendio.
45:27Muoiono, come dice il cardinale di Ravenna Ersilio Tonini, come topi.
45:34Che cos'è che più umilia la dignità di chi lavora?
45:37Innanzitutto il vedersi condannati a lavori da topi.
45:41La procura di Ravenna apre un'inchiesta,
45:43nomina un gruppo di periti e porta in tribunale i fratelli Arienti
45:47assieme a dirigenti della Mecnadi e di altre quattro ditte subappaltatrici.
45:52C'è qualcosa che vuol dire subito a sua difesa?
45:55No, penso che sia il caso che facciano tutti i tribunali e gli avvocati.
45:59Durante il dibattimento emergono alcuni elementi a carico degli imputati.
46:03La contemporaneità di lavori tra loro incompatibili,
46:06come riparare la nave con una saldatrice e ripulire olio e combustibile.
46:11La mancanza di estintori,
46:13soprattutto la mancanza di altre vie d'uscita e di un piano di emergenza in caso di incidente.
46:18Molti operai infatti vengono ritrovati ai piedi della scaletta che porta all'unica via d'uscita,
46:23dopo aver sbattuto dappertutto, in apnea e al buio, senza sapere dove andare.
46:39Ma soprattutto quello che emerge è una filosofia, un pensiero,
46:42un modo di concepire il lavoro.
46:44La McNavy quell'anno ha un fatturato di 19 miliardi di lire.
46:48La McNavy lavora molto perché fa i prezzi bassi,
46:51e fa i prezzi bassi perché lavora in fretta, con turni di 12-14 ore.
46:56Appalta molto lavoro a ditte esterne,
46:58uso per ai non specializzati e soprattutto in nero,
47:01come 8 di quei 13 morti della stiva numero 2.
47:05Mezzogiorno meno un quarto è venuta una signorina a chiedermi il libretto.
47:11Non mi ha dato nessuna impressione che fosse successa una disgrazia,
47:16infatti io ho cercato il libretto e glielo ho dato.
47:20Ma si è chiesta perché venivano a domandare il libretto?
47:25Dice ma vogliamo metterli in regola il più presto possibile.
47:30Quindi non gli avevamo detto che era già successa la tragedia?
47:33Non mi hanno detto niente e io ho saputo la notizia solo alle 5,
47:38ero tranquilla perché avendo visto questa signora
47:43pensavo che non fosse successo niente altrimenti me l'avrebbe detto.
47:48E di quei 19 miliardi di lire l'azienda ne ha spesi in sicurezza soltanto 8 milioni.
47:54Lavoro selvaggio, l'hanno chiamato, ridurre i costi all'osso.
47:58I fratelli Enzo e Fabio Arienti, titolari dell'azienda McNavi,
48:02sono stati condannati a 7 anni e 6 mesi di reclusione ciascuno
48:06per omicidio colposo plurimo e omissione di misure antinfortunistiche.
48:11Alla fine di un lungo iter processuale, nel settembre 1994
48:15vengono condannate in via definitiva 8 persone.
48:18I fratelli Arienti, che hanno visto di sentenza in sentenza ridurre la loro pena,
48:23vengono condannati a 4 anni Enzo e Fabio e Gabriele a 2.
48:27Lei ha rispettato tutte le norme? Ha preso tutte le precauzioni?
48:31Si sente sereno? Poteva fare di meglio?
48:35Con 13 morti penso sempre che si possa fare sempre di meglio.
48:38Lavoro selvaggio, ridurre i costi all'osso.
48:41In questo, dice il sostituto procuratore Francesco Mauro Iacoviello,
48:45nel primo processo, la McNavi purtroppo in quel lontano 1987
48:50si dimostra un'impresa moderna, al passo con le nuove regole del mercato.
48:55La maggiore responsabilità io la attribuisco a chi deve far sì
49:01che le imprese si comportino secondo le regole.
49:05Perché se le istituzioni in particolare lasciano fare
49:13è quasi insensibilmente che avviene che poi un'impresa sia adegua.
49:20Perché ad esempio la sicurezza, che che se ne dica,
49:25può essere un vincolo e un costo.
49:30È evidente che se uno apre un cantiere e non usa le misure di sicurezza
49:37è chiaro che ha meno spesa.
49:39Dei 790.000 infortuni registrati in Italia nel 2009
49:44quasi 80.000 appartengono al settore dell'edilizia.
49:47Significa che ogni giorno ci sono 214 persone che si fanno male in un cantiere.
49:53Dei 1050 morti registrati nel 2009, 1 su 5 è un edile.
49:58Sono 218.
50:00Significa che quasi ogni giorno in un cantiere c'è qualcuno che ci lascia la pelle.
50:05Lavorare nel nostro mondo è sicuramente molto pericoloso.
50:09Questo va detto, per cui è inutile negarlo.
50:14Ci sono morti e ci sono incidenti da questo punto di vista.
50:19Però devo dire che il lavoro in edilizia dovrebbe essere una cosa bellissima
50:23perché in edilizia si costruiscono le case, i ponti, i palazzi.
50:29Si costruiscono anche un ragionamento che guarda al futuro.
50:34Così dovrebbe essere il lavoro. Una bella cosa da fare, con fatica ma per la vita.
50:38Non per tirare a campare con la speranza di non farsi male o di non lasciarci la pelle.
50:50Fin dagli inizi del boom dell'edilizia, con il boom economico degli anni 60,
50:55i morti e i feriti, soprattutto nel nord, sono tantissimi.
50:5913.000 feriti e 90 morti soltanto nei cantieri della provincia di Milano
51:04nei primi 10 mesi del 1963.
51:20A morire a farsi male, in anni in cui gli immigrati extracomunitari ancora praticamente non esistono,
51:26sono soprattutto i meridionali, che arrivano dal sud in città che spesso non li vogliono accogliere,
51:31dove li chiamano terroni e dove finiscono a lavorare duramente e naturalmente in nero.
51:39Carmelo Frasca, per esempio, muore il 18 maggio del 1963 per 150 lire.
51:45E quello che prende di straordinario se rinuncia alla pausa pranzo e continua a lavorare.
51:53E lui lo fa sempre, perché ha lasciato a Modica, in provincia di Ragusa, una moglie con un figlio piccolo
51:58e i soldi servono anche pochi, anche in nero.
52:03Anche in un cantiere privo di protezioni, come quello in cui lavora.
52:08Ma quel giorno va male. Carmelo perde l'equilibrio, cercando di sbloccare un argano pieno di mattoni
52:14e vola giù dal sesto piano.
52:29Così muore Carmelo Frasca, che vive in una città in cui non c'è nessuno.
52:34Così muore Carmelo Frasca, che viveva in uno scantinato a Cologno Monzese
52:38assieme ad altri cinque lavoratori meridionali, dormendo su letti a castello
52:42e appendendo i vestiti a chiodi piantati nel muro per risparmiare i soldi guadagnati in nero.
52:47Una situazione che vedremo ancora.
52:50Abbiamo trovato tante volte nei cantieri, quando siamo andati a parlare con i capocantiere,
52:58persone che scappavano, che fuggivano quando ci vedevano entrare,
53:02perché noi abbiamo un cartellino con scritto sindacato.
53:06Fuggivano vuol dire che erano lavoratori in nero.
53:08Soprattutto quando ci vedevano entrare, perché noi avevamo un cartellino con scritto sindacato,
53:14fuggivano vuol dire che erano lavoratori in nero.
53:17C'è un uomo su una stradina che attraversa le colline di Prestine, in provincia di Brescia.
53:21Si chiama Fausto Spagnoli, ha 27 anni, una moglie, una figlia di otto mesi,
53:26fa il muratore e sembra la vittima di un incidente di moto.
53:33Un tragico incidente, come tanti ne avvengono sulle strade.
53:36La moto che sbanda in discesa, lui che batte la testa,
53:39e resta sulla strada finché non lo trovano ancora.
53:42La moto che sbanda in discesa, lui che batte la testa,
53:44e resta sulla strada finché non lo trovano due suoi colleghi che lavorano con lui in un cantiere vicino.

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