Artigianato e sostenibilità sono solo narrazioni? Ci sono dei momenti storici in cui la moda parla di argomenti che sembrano neutri e invece sono pericolosamente orientati solo al profitto.
Il primo argomento che oggi va tanto di moda è l'artigianato, o meglio l'insistenza con la quale se ne parla. Ѐ assolutamente vero che la valorizzazione del lavoro manuale che esprime l'artigianato è non solo da preservare e da tramandare con l'insegnamento, ma concorre a quella realizzazione di manufatti che ridanno un'anima a un sistema che valorizza i vestiti soltanto per la loro immagine e soprattutto per il guadagno che se ne ricava.
Bene fanno allora molte aziende a prendersi carico della formazione di giovani artigiani. Si può citare Prada e Valentino, ma anche Kiton, che ha una scuola di sartoria. E anche Dolce&Gabbana, che non ha una scuola ma forma giovani sarti, donne e uomini, nei propri atelier. C'è però un risvolto della medaglia, e cioè che tutto il discorso sulla valorizzazione dell'artigianato serva come argomento narrativo per aumentare i prezzi. E infatti il costo di un maglione o di una camicia di produzione industriale aumenta a dismisura appena ci si appoggia su un ricamo fatto a mano.
L'altro argomento che si presta a una doppia lettura è il tema della tassazione della moda che inquina. Si dice che il fast fashion sia altamente inquinante, ed è vero, e quindi va tassato. L'effetto sarebbe scoraggiare la super produzione attraverso l'aumento dei prezzi e da qui discenderebbe la diminuzione degli acquisti. Ѐ un argomento presente in molti dei bilanci di sostenibilità che le aziende si sono autoimposte di redigere e di rispettare. Bene, ma il problema è che tutto il settore della moda non è sostenibile e ha molti punti di corruzione, sia sulla sostenibilità ambientale sia in quella sociale.
Quindi la prima sostenibilità sarebbe dire la verità. E purtroppo la verità sarebbe ammettere che per quanti sforzi si facciano, la moda non sarà mai un settore ad alta sostenibilità.
Il primo argomento che oggi va tanto di moda è l'artigianato, o meglio l'insistenza con la quale se ne parla. Ѐ assolutamente vero che la valorizzazione del lavoro manuale che esprime l'artigianato è non solo da preservare e da tramandare con l'insegnamento, ma concorre a quella realizzazione di manufatti che ridanno un'anima a un sistema che valorizza i vestiti soltanto per la loro immagine e soprattutto per il guadagno che se ne ricava.
Bene fanno allora molte aziende a prendersi carico della formazione di giovani artigiani. Si può citare Prada e Valentino, ma anche Kiton, che ha una scuola di sartoria. E anche Dolce&Gabbana, che non ha una scuola ma forma giovani sarti, donne e uomini, nei propri atelier. C'è però un risvolto della medaglia, e cioè che tutto il discorso sulla valorizzazione dell'artigianato serva come argomento narrativo per aumentare i prezzi. E infatti il costo di un maglione o di una camicia di produzione industriale aumenta a dismisura appena ci si appoggia su un ricamo fatto a mano.
L'altro argomento che si presta a una doppia lettura è il tema della tassazione della moda che inquina. Si dice che il fast fashion sia altamente inquinante, ed è vero, e quindi va tassato. L'effetto sarebbe scoraggiare la super produzione attraverso l'aumento dei prezzi e da qui discenderebbe la diminuzione degli acquisti. Ѐ un argomento presente in molti dei bilanci di sostenibilità che le aziende si sono autoimposte di redigere e di rispettare. Bene, ma il problema è che tutto il settore della moda non è sostenibile e ha molti punti di corruzione, sia sulla sostenibilità ambientale sia in quella sociale.
Quindi la prima sostenibilità sarebbe dire la verità. E purtroppo la verità sarebbe ammettere che per quanti sforzi si facciano, la moda non sarà mai un settore ad alta sostenibilità.
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