• 2 settimane fa
Milano, 7 gen. (askanews) - Marcello Maloberti è un artista che sa interpretare i luoghi, le città come soprattutto la provincia, con uno sguardo che è lucido, ma mai giudicante; tagliente e al tempo stesso affettuoso. Il PAC di Milano gli dedica una grande esposizione, "Metal Panic", a cura di Diego Sileo, che attraversa tutta la sua carriera e ci racconta una pratica tra le più interessanti sulla scena. "Metal Panic - ha detto Maloberti ad askanews - mi suonava molto bene perché uno, all'interno della mostra c'è molto l'elemento del metallo e l'idea del panico mi piaceva, c'è anche questa idea di un cantiere, quindi di qualcosa che è in movimento, che può essere anche non finito. Quindi mi suonava bene questa parola panico. Poi panico perché, come vivo io questa mostra o i miei progetti, insomma io me li sudo parecchio, quindi sono opere anche abbastanza sofferte, anche se poi il lavoro è piuttosto pulito, chiaro, preciso".Intimo anche quando tratta di temi universali, capace di interpretare come pochi la dimensione "italiana" dell'essere artista, Maloberti porta qui le sue parole illuminanti, le sue strutture di periferia, anche il celebre cartello di Casalpusterlengo, questa volta divelto, ma sempre presente, come una storia che non è possibile lasciare andare. Una storia che è ovviamente sempre personale. "In questa piccola stanza, che è la più intima del PAC - ha aggiunto l'artista - c'è un po' la mia famiglia e penso che le origini, come dice Pasolini, sono quelle che ti segnano. Tu puoi studiare, aggiungere, ma poi quello che ti segna sono le prime cose che vedi, le prime cose che studi, sono un po' la tua base".La sensazione è che ci sia una consapevolezza delle storture della società e del mondo, ma che, in qualche modo, i lavori aprano delle altre possibilità. "Questo è il mio modo un po' di vedere - ha concluso Maloberti -: io praticamente concretizzo il mio occhio. Il mio occhio è così: cerco una pulizia perché poi esca chiaramente un respiro come Cielo che si apre al cielo di Milano, ma è capovolto come lo Zoccolo del mondo di Manzoni, c'è quindi, c'è uno sguardo. Io amo molti lavori che hanno respiro e non dei lavori che ti costringono a un significato. Sono un po' alla Roland Barthes in cerca anche di senso, come diceva sui film di Antonioni".Un senso che potrebbe stare in una partitura per fucile, oppure nel tracciato dolente di un guardrail scultura, o ancora nella postura del ginnasta appeso al cartello di Milano, che è il manifesto della mostra, ma anche una vera e propria nuova opera.

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00:00Marcello Maloberti è un artista che sa interpretare i luoghi, le città, ma soprattutto la provincia,
00:10con uno sguardo che è lucido, ma è giudicante, tagliente e al tempo stesso affettuoso.
00:14Il PAC di Milano gli dedica una grande esposizione, Metal Panic, a cura di Diego Sileo, che attraversa
00:20tutta la sua carriera e ci racconta una pratica tra le più interessanti sulla scena.
00:24Metal Panic mi suonava molto bene perché all'interno della mostra c'è molto l'elemento del metallo
00:31e l'idea del panico mi piaceva, anche questa idea di un cantiere, di qualcosa che è in movimento,
00:40che può essere anche non finito, quindi mi suonava bene questa parola panico.
00:47Poi panico perché, come vivo io questa mostra o i miei progetti, insomma, io me li sudo parecchio,
00:56quindi sono anche abbastanza sofferto, anche se poi il lavoro è abbastanza pulito, chiaro, preciso.
01:05Intimo anche quando tratta di temi universali, capace di interpretare come pochi la dimensione italiana
01:10dell'essere artista, Maloberti porta qui le sue parole illuminanti, le sue strutture di periferia,
01:15anche il celebre cartello di Casal Pusterolengo, questa volta di Veltro, ma sempre presente come una storia
01:20che non è possibile lasciare andare, una storia che è ovviamente sempre personale.
01:25Questa piccola stanza che è la più intima del park, c'è un po' la mia famiglia, io penso che le origini,
01:31come dice Pasolini, sono quelle... tu puoi studiare, aggiungere, aggiungere, ma poi quello che ti segna
01:37è le prime cose che vedi, le prime cose che studi sono un po' la tua base.
01:44La sensazione è che ci sia una consapevolezza delle storture della società e del mondo,
01:49ma che in qualche modo i lavori aprano altre possibilità.
01:53Questo è il mio modo un po' di vedere, cioè io praticamente concretizzo il mio occhio,
01:58il mio occhio è così, non cerco una pulizia perché poi esca chiaramente un respiro come cielo
02:09che si apre al cielo di Milano, ma è capovolto come lo zoccolo del mondo di Manzoni,
02:17cioè quindi c'è uno sguardo. Io amo molto i lavori che hanno respiro
02:21e non dei lavori che ti costringono a un significato, sono un po' la Roland Barthes
02:27in cerca anche di senso, come diceva sui film di Antonioni.
02:32Un senso che potrebbe stare in una partitura per fucile oppure nel tracciato dolente
02:36di un garai di scultura o ancora nella postura del ginnasta appeso al cartello di Milano,
02:41che è il manifesto della mostra, ma anche una vera e propria nuova opera.

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