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Nella sua lotta contro Mussolini, Giacomo Matteotti poté contare sul sostegno di Velia, sua moglie. I due si conobbero ancora giovani, lei era una studentessa dell’Università di Pisa. Anche il fratello maggiore, il celebre baritono Titta Russo, fu legato a Giacomo da profonda amicizia. Matteotti, da socialista, voleva sposare Velia solo in Comune ma lei, cattolica, avrebbe preferito il rito in Chiesa. Alla fine, scelse di sposare l’uomo che amava e gliene diede notizia in una lettera: «Sarò religiosa lo stesso, nulla potrebbe mai separarmi da te».In seguito alle ripetute aggressioni da parte dei fascisti, Matteotti provò a mettere al riparo la famiglia – Velia e i tre figli nati in Liguria -, ma nonostante ciò non mancarono le persecuzioni. Quando Matteotti pagò con la vita il suo impegno, Velia andò dal Duce: «Mi dica dove posso trovare il corpo di mio marito». Non ricevette risposta. Quando il corpo fu ritrovato scrisse al ministero dell’Interno per dare disposizioni sul funerale: «Chiedo che nessuna rappresentanza della milizia fascista sia di scorta al treno. Voglio viaggiare come semplice cittadina che compie il suo dovere per poter esigere i suoi diritti. Se ragioni di ordine pubblico impongono un servizio d’ordine, sia esso affidato solamente a soldati d’Italia».Velia Matteotti, e in genere tutti gli antifascisti, tentano di distinguere tra il regime e l’Italia. Una distinzione che sta per cadere: Mussolini approfitterà del delitto Matteotti per instaurare una dittatura.​​- PRIMA PUNTATA - L'omicidio Matteotti, 100 anni dopo: l'assassinio e lo scempio del cadavere compiuto dai fascisti​​​- SECONDA PUNTATA - L'omicidio Matteotti, 100 anni dopo: la caccia all’uomo dei fascisti​​- TERZA PUNTATA - L'omicidio Matteotti, 100 anni dopo: l'avversario naturale di Benito Mussolini

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