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(askanews) - Raccontare il tema dei diritti umani attraverso l'arte contemporanea. Il progetto della Fondazione Brescia Musei prosegue e arriva a parlare di migrazioni con una mostra dedicata a Khalid Albaih e incentrata sull'illustrazione politica, ma anche su una serie di installazioni e video di grande impatto, che guardano alla storia recente del Sudan.

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«Da circa due anni - ha detto ad askanews Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei - il dramma umanitario del Sudan è il più tragico a livello geopolitico, oltre 20 milioni di sfollati e di profughi. Un Paese distrutto, la sua capitale, un'antica capitale, Khartoum completamente devastata, anche nell'edilizia coloniale britannica bellissima. Un contesto drammatico molto poco conosciuto e per questo di difficile percezione dell'opinione pubblica. Per questo i musei di Brescia hanno scelto di proseguire il proprio ciclo dedicato all'arte contemporanea in rapporto ai diritti umani scegliendo il più importante artista sudanese Khalid Albaih».

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Curata da Elettra Stamboulis nell'ambito anche del Festival della Pace, la mostra raccoglie le opere grafiche di Albaih, che durante le Primavere arabe sono diventate vere e proprie immagini di lotta e che l'artista stesso concepisce come destinate a circolare e a essere utilizzate, ma presenta anche video raccolti sulla Rete che documentano i naufragi in mare oppure installazioni create con i passaporti di veri migranti arrivati poi nel territorio di Brescia all'interno dei quali, come in una tenda, è possibile ascoltare la loro storia.

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«Si tratta di una sorta di mostra matrice - ha aggiunto il direttore -. Abbiamo da un lato la necessità di raccontare un perfetto sconosciuto per il pubblico italiano, dunque la necessità di raccontare molto bene la sua storia e in questo senso è una piccola antologica. Dall'altra parte avevamo la necessità di intercettare un tema che legasse questo artista alle vicende italiane, mediterranee e europee ed è per questo che abbiamo scelto il taglio tematico del sottotitolo della mostra: Le migrazioni a nord, il tempo delle migrazioni a nord».

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Tra le opere anche una scultura divano che ritrae una grande figura femminile, quasi alla Henry Moore, ma in contesto africano.
«Si tratta di una realizzazione simbolica della nonna - ha concluso Stefano Karadjov - che in ogni grande famiglia africana rappresenta l'arrocamento ai principi della famiglia, della casa». Una casa che milioni di persone perdono ogni giorno ai confini di un'Europa che, dagli altri angoli del mondo, viene vista come un miraggio, ma anche come qualcosa di crudele e respingente. Come la corona di stelle del Cristo-migrante che è l'immagine simbolo della mostra.

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00:59sudanese Khalid al-Bahì. Curata da Eletta Stamboulis, nell'ambito anche del Festival
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