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Jorge Mario Bergoglio (Buenos Aires, Argentina, 7/12/1936-Città del Vaticano, 21/4/2025) è spirato nella mattinata del lunedì dell'Angelo, a 88 anni. Ad annunciarlo il card. camerlengo Kevin Farrell, con queste parole: «Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7,35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio e amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri ed emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l'anima di Papa Francesco all'infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino».
In convalescenza, dopo il ricovero per la polmonite bilaterale che l'aveva colpito, Papa Francesco aveva partecipato ai riti pasquali («Lo farò come potrò»), prima andando in visita ai carcerati giovedì Santo e poi con la benedizione e il giro tra i fedeli in Piazza San Pietro, il giorno di Pasqua. Queste le sue ultime parole, nella benedizione Urbi et Orbi letta da Monsignor Diego Ravelli («Incarico il Maestro di Cerimonie»).
«Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti! Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace! Cristo Risorto effonda il dono pasquale della pace sulla martoriata Ucraina e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura. Preghiamo per le comunità cristiane in Libano e in Siria che, mentre quest’ultimo Paese sperimenta un passaggio delicato della sua storia, ambiscono alla stabilità e alla partecipazione alle sorti delle rispettive Nazioni. Esorto tutta la Chiesa ad accompagnare con l’attenzione e con la preghiera i cristiani dell’amato Medio Oriente. Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L'esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche. Ci sprona a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana. In quest’anno giubilare, la Pasqua sia anche l’occasione propizia per liberare i prigionieri di guerra e quelli politici. Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano.
Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità. In questo tempo non manchi il nostro aiuto al popolo birmano, già tormentato da anni di conflitto armato, che affronta con coraggio e pazienza le conseguenze del devastante terremoto a Sagaing, causa di morte per migliaia di persone e motivo di sofferenza per moltissimi sopravvissuti, tra cui orfani e anziani. Preghiamo per le vittime e per i loro cari e ringraziamo di cuore tutti i generosi volontari che svolgono le attività di soccorso. L’annuncio del cessate il fuoco da parte di vari attori nel Paese è un segno di speranza per tutto il Myanmar. Faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le 'armi' della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte».

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