La vita di Giulio Andreotti, protagonista della storia politica italiana per decenni, nel periodo tra 1991 e 1993, a cavallo tra la presentazione del suo VII governo e l'inizio del processo di Palermo per collusioni con la mafia.
La pellicola inizia con una lunga serie di morti di personalità di spicco (Moro, Dalla Chiesa, Pecorelli, Falcone, Calvi, Sindona, Ambrosoli), tutti decessi che riguardano direttamente o indirettamente proprio Andreotti. Seguono le parole delle lettere di Moro che dalla sua prigionia per mano delle Brigate Rosse si rivolgeva proprio ad Andreotti, evidenziandone la poca umanità e scongiurandolo di aprire le trattative coi terroristi per la sua liberazione. La vicenda principale prende il via il giorno della presentazione dell'ultimo governo andreottiano, il 12 aprile 1991.
Si radunano negli uffici di Andreotti i "vertici" della sua corrente nella Democrazia Cristiana, ossia Paolo Cirino Pomicino, Giuseppe Ciarrapico, Salvo Lima, Franco Evangelisti, Vittorio "Lo Squalo" Sbardella e il cardinale Fiorenzo Angelini detto "Sua Sanità". La questione politica del giorno si sposta presto sulla futura elezione del Presidente della Repubblica, a successione di Francesco Cossiga. La corrente Primavera, detta anche andreottiana - nonostante la defezione di Sbardella, passato ai dorotei - propone l'elezione di Andreotti al Quirinale. Andreotti, richiesto di confermare la sua candidatura, accetta. Ma nella corsa al Quirinale, Andreotti si scontra con l'opposta candidatura del segretario democristiano Arnaldo Forlani: convocati da Cirino Pomicino intorno a un tavolo per un compromesso, entrambi escludono un ritiro in favore dell'altro.
Al momento della prima convocazione del Parlamento in seduta comune per l'elezione, scoppia una violenta "bagarre": urla, lanci di oggetti e manette tintinnanti, il tutto sopra la testa dell'impassibile Andreotti, mentre il presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro cerca inutilmente di far mantenere la calma ai parlamentari. Nonostante vi siano poi ripetute votazioni, non viene data la maggioranza a nessun candidato. Durante una pausa, i vari sostenitori dei candidati cercano di raccogliere il sostegno di ulteriori parlamentari. Cirino Pomicino tenta un compromesso tra le varie correnti DC, che naufraga a causa della testardaggine di alcuni caporioni.
La pellicola inizia con una lunga serie di morti di personalità di spicco (Moro, Dalla Chiesa, Pecorelli, Falcone, Calvi, Sindona, Ambrosoli), tutti decessi che riguardano direttamente o indirettamente proprio Andreotti. Seguono le parole delle lettere di Moro che dalla sua prigionia per mano delle Brigate Rosse si rivolgeva proprio ad Andreotti, evidenziandone la poca umanità e scongiurandolo di aprire le trattative coi terroristi per la sua liberazione. La vicenda principale prende il via il giorno della presentazione dell'ultimo governo andreottiano, il 12 aprile 1991.
Si radunano negli uffici di Andreotti i "vertici" della sua corrente nella Democrazia Cristiana, ossia Paolo Cirino Pomicino, Giuseppe Ciarrapico, Salvo Lima, Franco Evangelisti, Vittorio "Lo Squalo" Sbardella e il cardinale Fiorenzo Angelini detto "Sua Sanità". La questione politica del giorno si sposta presto sulla futura elezione del Presidente della Repubblica, a successione di Francesco Cossiga. La corrente Primavera, detta anche andreottiana - nonostante la defezione di Sbardella, passato ai dorotei - propone l'elezione di Andreotti al Quirinale. Andreotti, richiesto di confermare la sua candidatura, accetta. Ma nella corsa al Quirinale, Andreotti si scontra con l'opposta candidatura del segretario democristiano Arnaldo Forlani: convocati da Cirino Pomicino intorno a un tavolo per un compromesso, entrambi escludono un ritiro in favore dell'altro.
Al momento della prima convocazione del Parlamento in seduta comune per l'elezione, scoppia una violenta "bagarre": urla, lanci di oggetti e manette tintinnanti, il tutto sopra la testa dell'impassibile Andreotti, mentre il presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro cerca inutilmente di far mantenere la calma ai parlamentari. Nonostante vi siano poi ripetute votazioni, non viene data la maggioranza a nessun candidato. Durante una pausa, i vari sostenitori dei candidati cercano di raccogliere il sostegno di ulteriori parlamentari. Cirino Pomicino tenta un compromesso tra le varie correnti DC, che naufraga a causa della testardaggine di alcuni caporioni.
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