“Raffaele, Raffaele”, a ripetere il nome del figlio è il panettiere del panificio in piazzale Gambara, a Milano. Sono le 18.31 di sabato 15 febbraio. Sul pavimento del negozio, ucciso con quattro colpi di pistola calibro 38, c’è Ivan Disar, 49enne ucraino. Ferito vicino a lui, l’amico e connazionale P. K., 26 anni. Raffaele Mascia, 21 anni, ora in carcere con l’accusa di omicidio, esce dal retro della panetteria qualche minuto prima, alle 18.26 e 30 secondi.Secondo gli inquirenti sale in un soppalco sopra il negozio e prende l’arma. Rientra, sempre dal retro, tre minuti dopo: sono le 18.29 e 47 secondi. Passano pochi attimi e si sente il rumore della scarica di proiettili. Poi Raffaele, venti secondo dopo le esplosioni, scappa, apre la porta del palazzo e si allontana a piedi in direzione opposta alla fermata del metrò. La scena è ripresa dalle telecamere interne di videosorveglianza del palazzo. Dal cortile interno, dove sbuca la panetteria, si vede Raffaele uscire camminando e sparire dall’inquadratura per qualche minuto. Quando rispunta, entra nella panetteria. Ancora pochi secondi ed ecco il rumore degli spari. A scatenare la reazione del ragazzo sarebbe stata una discussione, poi degenerata, con la vittima che l’avrebbe invitato a “venire a lavorare con me”.Frasi che avrebbero urtato la sensibilità del 21enne. Lunedì sera Raffaele è stato fermato in piazza Venino, in zona Sant’Agostino, dagli agenti della squadra Mobile, guidati da Alfonso Iadevaia e Domenico Balsamo. Sul pavimento del negozio aveva lasciato il telefono, con cui gli investigatori sono arrivati ad amici e conoscenti del ragazzo a cui il 21enne avrebbe confidato di volersi costituire. Ora è in carcere con l’accusa di omicidio, tentato omicidio (entrambi aggravati dai futili motivi) e di porto abusivo di armi
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