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(Adnkronos) - In principio erano i fermenti lattici.”Più classicamente racchiusi in fialette trasparenti di plastica della quale quasi conservavano il sapore. Andavano bene soprattutto insieme agli antibiotici. Ma per poi continuarli anche dopo gli antibiotici e, magari, per molto tempo dopo… ‘tanto’ -questo era lo slogan - ‘son fermenti lattici, male certamente non faranno!’”Così esordisce l'immunologo Mauro Minelli nella puntata di questa settimana di 'Fermenti, il segreto della salute', la rubrica online quindicinale realizzata sotto l'egida scientifica della Fondazione per la Medicina Personalizzata, in collaborazione con Adnkronos Salute.  “E così si è proceduto per anni. Anzi per decenni, fino a comprendere che la cura affidata genericamente ai probiotici può essere addirittura controproducente se non si conosce, in formulazione assolutamente personalizzata, la specie ed il tipo di batterio probiotico che, ad ogni specifico individuo e in un particolare momento della sua vita, può andare bene. Oggi esistono delle analisi molto raffinate, basate su valutazioni genetiche, che consentono approcci terapeutici “di precisione”, utili in tante e diverse patologie nelle quali sarà possibile intervenire con il supporto adiuvante dei batteri “amici” contenuti nei prodotti probiotici”, continua Minelli.  La Fao (Food and Agriculture Organization) e l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno definito i probiotici come “organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite”. “Il probiotico è, dunque, un supplemento dietetico costituito da microrganismi vivi e benéfici e, dunque, capaci di influenzare positivamente l’ecosistema intestinale nel quale, per essere efficaci, devono arrivare ancora vitali grazie a specifici processi di preparazione e produzione che permettono loro di superare l’ambiente gastrico senza essere digeriti dai succhi gastrici. Nell’intestino essi supportano la flora microbica pre-esistente e, così, contribuiscono a ristabilire l’equilibrio eventualmente perduto”, ricorda l’immunologo. “Ogni terapia probiotica, per essere realmente efficace, integra e ottimizza una strategia nutrizionale; ed entrambe, per essere efficaci, non possono che essere impostate sulle caratteristiche individuali del soggetto destinatario delle cure prevedendo, tra l’altro, anche l’utilizzo di prebiotici. Si tratta, in questo caso, di nutrienti - per lo più fibre e zuccheri - che costituiscono il substrato, ovvero il “cibo privilegiato” grazie al quale crescono e si sviluppano i probiotici. Questi ultimi, infatti, entrando in un ambiente per certi versi ostile, in quanto abitato in prevalenza da altri ospiti che avevano, nel tempo, preso il sopravvento, hanno bisogno di un supporto nutritivo che migliori le performances della terapia integrativa, favorendo l’attecchimento del trattamento probiotico e, più complessivamente, ottimizzando le attività generali del microbiota nel suo insieme e l’efficace proliferazione di specie batteriche benefiche”, sottolinea.  “Più recentemente, poi, è stato introdotto nelle pratiche benefiche orientate al conseguimento stabile dell’eubiosi intestinale anche il “postbiotico”, riprodotto in laboratorio attraverso un processo fermentativo naturale, definito “PBTech” e recentemente brevettato. In estrema sintesi, si tratta di composti attivi generati dai probiotici una volta che questi ultimi siano stati messi nelle condizioni di svolgere al meglio le proprie funzioni soprattutto grazie alla cooperazione con un opportuno substrato prebiotico.  Dunque il postbiotico, da intendersi come il risultato della fermentazione di batteri buoni grazie all’interazione con fibre e carboidrati assunti preliminarmente, altro non è se non l’agente finale di quel processo, capace di fornire gli effetti attesi da una adeguata terapia probiotica ma senza alcuna assunzione di batteri vivi (gli originari “fermenti lattici”) talvolta capaci di indurre, nel paziente, effetti irritativi tipici dei probiotici (gonfiore e tensione dell’addome, flatulenza, turbe digestive, coliche, diarrea ovvero stitichezza). Si andrebbe, così, ad impostare un trattamento specifico capace di attivare le dinamiche immunologiche e, più complessivamente, di contrastare stati infiammatori e malattie attraverso specifici prodotti di derivazione che, rispetto ai probiotici tradizionali, risultano essere sicuramente più facilmente assorbibili, più rapidamente efficaci e decisamente meglio tollerati”, conclude Minelli.

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