LE VERITA' NASCOSTE CAS di SEGARIU parte prima

  • 4 years ago
La rivolta è scoppiata per “un permesso di soggiorno di due anni per ragioni umanitarie negato” ad un cittadino del Mali, perché senza lavoro, nonostante la disponibilità del giudice a rivedere la pratica.

Al suo rientro al centro il maliano ha comunicato ai connazionali e ad un altro ospite della Guinea, la decisione del giudice. Uno di essi gli avrebbe consigliato “di fare casino nel centro per essere trasferito”. Il tutto alla presenza del direttore e mediatore culturale dello stesso centro, un giovane senegalese, che comprende il dialetto dei maliani, che ha sentito “più volte l’invito a far casino” e a non “aspettare a settembre (la decisione del giudice, ndr), tanto non gliel’avrebbe concessa” proprio perché senza lavoro.

Da qui parte la rivolta, nonostante l’invito del direttore, “a non mettere in atto le minacce”. Era la sera del 20 luglio quando i maliani e il gambiano hanno chiamato i carabinieri che sono immediatamente intervenuti e hanno tentato di sedare gli animi. Dopo che i militari sono andati via, il migrante a cui era stato negato il permesso di soggiorno avrebbe detto “se io non vengo trasferito qui ci scappa il morto”. A quel punto i quattro avrebbero iniziato a “sradicare la rete di recinzione” che separa il centro da una proprietà privata e, “una volta entrati, hanno iniziato a distruggere un orologio appeso al muro”, ad aprire “le automobili alla ricerca delle chiavi di accensione”, ad aprire il congelatore e a riversare il cibo per terra, e rovesciato il congelatore stesso”. Rientrati nel centro i quattro “si sono impossessati di alcuni attrezzi da lavoro che hanno utilizzato per danneggiare le attrezzature della palestra”.

Non contenti avrebbero preso dei blocchetti da costruzione e li avrebbero “sbriciolati per terra, danneggiato il cancello d’ingresso, gettato a terra e sparso il contenuto dei contenitori del secco, distrutto lampade, il wi-fi e scavato i muri interni con dei cucchiai”. Il tutto con “minacce di morte” al direttore che ha dovuto “dormire con altre persone per paura per la mia incolumità”.

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