Dalla Spagna indignata all'Europarlamento. Il fenomeno Podemos

  • 10 anni fa
Bagni di folla e un successo lampo che lo ha proiettato anche al Parlamento Europeo. E’ la parabola del neonato “==Podemos==” : partito spagnolo che in pochi mesi appena ha catalizzato la disillusione della piazza nei confronti della politica tradizionale, sotto la bandiera di un fiducioso appello al cambiamento.

“Possiamo” il nome che si è dato, ammantando il celebre slogan di Obama di tutt’altre declinazioni. Una strategia che “alle Europee di maggio gli ha regalato quasi l’8% dei voti e cinque seggi a Strasburgo”: http://it.euronews.com/2014/05/26/in-germania-la-merkel-tiene-in-italia-il-trionfo-di-renzi/, dove cerca sponde fra i banchi dell’estrema sinistra. Pablo Iglesias è tra i suoi portabandiera.

Tweets di @Pablo_Iglesias_
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“Per il nostro gruppo era fondamentale che un rappresentante di Syriza ottensse una vicepresidenza dell’Europarlamento per dimostrare che qualcosa sta cambiando in Europa – ci dice Pablo Iglesias -. Presto o tardi noi europei del sud dimostreremo che si può agire anche in maniera diversa e che non vogliamo restare semplici ‘colonie’ della Germania e della Trojka. Poteri finanziari che nessuno ha scelto non devono trovarsi a decidere del nostro destino”.

Nato lo scorso gennaio, Podemos affonda le radici e trae la propria linfa nelle rivendicazioni e nella base degli “Indignados”, il movimento che nel 2011 aveva investito le piazze spagnole, reclamando a gran voce addio all’austerity e cambiamento politico.

Tweets di @IndignadoOrg
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Se gli slogan sui muri parlano di “Stato terrorista” e di “repressione”,l’Università Complutense di Madrid è anche l’ateneo dove insegna scienze politiche Juan Carlos Monedero, uno dei teorici e dei fondatori di Podemos.

“Abbiamo capito che voler nazionalizzare l’economia è un errore – ci dice -. Esistono però dei beni comuni che devono essere gestiti dalla collettività, il che non significa dallo Stato. L’acqua, l’energia, la finanza sono settori che devono essere soggetti a un controllo, come devono esserlo le banche. L’acqua non è una merce. L’energia non può essere nelle mani di un oligopolio. Ci sono una serie di elementi a cui va riconosciuta la natura di beni comuni, di ‘common goods’”.

Tweets di @MonederoJC
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Un manifesto che al Parlamento spagnolo fa già tremare i partiti tradizionali. In attesa del prossimo test nazionale, Popolari e Socialisti si interrogano sulla loro debacle alle Europee.

Con loro anche gli esperti, che cercano risposte a un fenomeno senza precedenti dalla caduta di Franco: mentre “Podemos” si scavava una nicchia nel panorama politico, governo e opposizione non andavano insieme oltre il 49%.

Docente universitario e firma del quotidiano spagnolo ‘El Pais’, José Ignacio Torreblanca guida la sezione di Madrid del Consiglio Europeo per le Relazioni Internazionali. “Sul piano ideologico – ci dice – Podemos incarna una sinistra molto radicale e risente di una forte influenza da movimenti latino americani come quelli di Venezuela o Perù. E’ a questi ultimi che deve la sua retorica anti-capitalista, anti-establishment e – nella stessa ottica -, anche anti-Europea e critica del nord del mondo. Allo stesso tempo, per ampliare la sua base di consenso, Podemos è però incappato nelle stesse dinamiche di altre forze politiche, diventando una sorta di “partito piglia-tutto”. Pubblicamente sostiene di non voler rappresentare un elettorato di destra o di sinistra e si presenta piuttosto come rappresentante del popolo in contrapposizione alla casta e all’establishment. Così facendo si nasconde però chiaramente dietro la sua ideologia e – a mio avviso -, diventa un partito populista”.

Tweets di @jitorreblanca
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Il partito, che si vuole diffuso e democratico nella stessa povertà delle sue strutture, è però anche oggetto di ben altre critiche. In particolare, ai suoi leader vengono rimpro

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