La presenza di Cosa Nostra nella vita istituzionale dell'Italia risale ai tempi della formazione dello Stato unitario. Eppure, per circa un secolo, della mafia in Italia non si è parlato, se non come di un fenomeno circoscritto alle tradizioni siciliane. Qualcosa comincia a cambiare agli inizi degli anni Sessanta grazie al coraggio di uomini e donne che decidono di combatterla apertamente, spesso a costo della vita. Tra questi Pio La Torre, promotore, insieme a Virginio Rognoni, della legge che ha introdotto il reato di associazione di tipo mafioso (416 bis) e che fu assassinato nel 1982. Paolo Mieli e il professor Giovanni De Luna ripercorrono il processo storico di disvelamento della realtà mafiosa. Un ruolo decisivo nella costruzione di una narrazione pubblica intorno alla mafia lo ricopre anche la televisione: prima con le inchieste sulla malavita, poi con una produzione di impegno civile come La Piovra, in onda sul piccolo schermo a partire dal 1984. Lo sceneggiato fu capace di rappresentare al grande pubblico il fenomeno della mafia imprenditoriale, i cui tentacoli si allungano dai piccoli spacciatori fino al cuore del potere politico. Mentre La Piovra riscuote in Italia un successo di pubblico senza precedenti e viene distribuita in tutto il mondo, a Palermo si svolge il Maxiprocesso, che porta alla condanna dei maggiori boss dell'epoca, come Totò Riina e Bernardo Provenzano. Il Maxiprocesso segna la prima grande vittoria dello Stato sulla mafia, ma anche l'inizio del periodo stragista di Cosa Nostra, che culminerà negli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino.
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