Ayrton Senna è uno dei nomi leggendari legati alla storia della Formula 1. Forse è la leggenda di questo sport. Lo è nell'immaginario collettivo, nonostante sia lontano come numero di titoli mondiali dai record di altri piloti. Dalle liti con Schumacher alle scazzottate con Mansell ed Irvine, per finire all'incidente con Prost. Ayrton Senna è stato un pilota che ha dato spettacolo fuori e dentro la pista pur non amando particolarmente il Circus. Pur pennellando imprese, come sotto la pioggia di Doningotn Park nel 1993, che oggi sarebbero meritevoli di collane di DVD; è nei suoi aforismi, nei suoi comportamenti, nell'epilogo triste della sua storia, che sembra instillarsi una particella di quel Creatore al quale sovente si rivolgeva. Senna il credente. Ah, Senna. Il plota che parlava con Dio, sulla cui lapide, la numero 11 del cimitero di Morumby, nella sua San Paolo do Brasil, c’è scritto: «Nada pode me separar do amor de Deus». Morì 26 anni fa ad Imola, schiantandosi alla curva del Tamburello di Imola. Oggi lo celebriamo come se fosse ancora fra noi. Come se la sua storia non si fosse spezzata in una pagina vuota e inaspettata. Riavvolgiamo le pagine dell'esistenza di Ayrton sprigionando la fiamma dei ricordi. Perché lui era Simpley the best, un nome affibiatogli da Ron Dennis e ripreso in dedica da Tina Turner. Donne bellissime, conquiste, fino ad Adriane Galisteu, modella e attrice, le cui parole rimbombano nel crano: "Non voleva correre quella domenica...". No. Per Barrichello e per Ratzenberger, l'austriaco dimenticato, oscurato nella morte. Una bandiera intrisa di sangue lo legherà al brasiliano indissolubilmente. Un giorno, fra molti anni da oggi, quando l'automobilismo vivrà di vetture magari staccate dal suolo e in stile Wipeout, Senna sarà ancora lì, nei libri di storia. Come un Dio, fra gli uomini.
Ayrton Senna
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