• 8 anni fa
La filosofia nasce dalla meraviglia, thaumazein, dall’ammirazione per ciò che vediamo, connesso per sua necessità con il “trauma”, che scuote e sconvolge una visione meravigliosa e tremenda al contempo. E al centro dello sguardo del filosofo, si trova la Physis, comunemente tradotta “Natura”, che è in realtà un’entità che si nasconde, difficile a definirsi, sebbene molti la confondano con i fainomena, l’insieme di enti che si offrono alla luce, fos. È l’origine da cui tutto deriva, l’archè di questo apparire, che, come si deduce dai significati più tardi di archè, tutto “governa”. Metafora bellica che ci induce a pensare al timbro della Physis come principio che regge la struttura esterna, forza pre-potente rispetto alla potenza degli enti. Gli antichi cercavano dunque qualcosa che va oltre al suo manifestarsi e Eraclito stesso riporta la frase “La Physis ama nascondersi”, che traducendo in altro modo filos- suus, suona così: “il nascondersi è proprio della Physis”.
Ad ogni modo questa origine è comprensibile soltanto attraverso gli essenti, le realtà fenomeniche che saltano all’occhio, motivo per cui la filosofia degli antichi nella loro ricerca dell’archè partiva da esperienze concrete, lungi da mere erudizioni. Il loro meravigliasi non si fermava all’osservazione degli enti, comuni per forma e carattere, ma scaturiva nel trauma della domanda: Nella determinatezza dei fenomeni si cela un’archè senza limiti? Infatti non può essere determinato il principio di realtà determinate, perché avrebbe bisogno a sua volta di un’ apeiros eterno e incondizionato, qualcosa che pre-esiste ed è pre-potente, un eterno passato, capace di crescere e germogliare incessantemente in un eterno futuro.
Il latino stesso fornisce l’etimo di physis in “fuo e futurus”, ciò che fu e ciò che potenzialmente sarà. Non ci si dimentica certamente della radice di fu-, come erroneamente pensava Heidegger (probabilmente non aveva letto Lucrezio), confluita sia nel participio passato sia in un potenziale futuro.
Ma il thauma.- trauma nei confronti di ciò che si cela dietro la totalità degli elementi si manifesta nel momento in cui emerge quell’ente che prova meraviglia e si chiede l’origine di ogni cosa: questo è il deinon, l’essere umano secondo l’interpretazione heideggariana del termine. L’uomo, nell’epoca tragica di cui parla Nietzsche, deve conoscere sé stesso dentro la Physis, e riconoscersi come parte di essa. Ma il logos giunge addirittura alla singolare idea di poterla dominare, sebbene l’archè nel suo nascondimento non sia a disposizione del nostro calcolo. Insomma il principio diventa il problema del protagonista logos, che è parte della natura stra-ordinaria, perché pensa, calcola e appartiene solo a noi. È un paradosso dal punto di vista degli altri enti: siamo un corpo insieme agli altri, ma un corpo pensante, immersi nella difficoltà di capire questa nostra straordinarietà: “Conosci te stesso”.

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