Mario Luzi è stato, per la poesia del Novecento, come il faro per il marinaio. Mario Luzi ha attraversato il suo tempo con il compito di portare luce e accendere speranze. Una poesia, la sua, coniugata a quell’ermetismo che fu luogo di espressione anche per poeti come Ungaretti, Quasimodo, Gatto, che arriva al cuore perché voce dei sentimenti di ognuno, che sa interpretare il vissuto di ognuno. Un poeta-testimone delle vicende umane, profondamente legato ai valori cristiani con i quali era cresciuto, un uomo che fece della ricerca il suo scopo di vita, che, fino all’ultimo, si interrogò sui grandi misteri dell’esistenza. Leggere Luzi è intraprendere un cammino dentro la propria anima, è accettare di essere piccola particella di quella creazione del cui senso ci sfugge. In bilico tra bene e male, tra gioia e sofferenza, i nostri passi si muovono sui sentieri dell’ignoto, speranzosi di futuro.
“La pace / se verrà, ti verrà per altre vie / più lucide di questa, più sofferte; / quando soffrire non ti parrà vano / ché anche la pena esiste e deve vivere / e trasformarsi in bene tuo e altrui”. Nessuno di noi è passato indenne attraverso il dolore, ognuno di noi ha sacrificato qualcosa e ricucito cicatrici, più o meno fonde. Insieme a Luzi, ci domandiamo anche noi quale sia il ruolo dell’amore e se davvero, un giorno, ne vedremo la vittoria.
Amici ci aspetta una barca e dondola
nella luce ove il cielo s’inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d’Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che precede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d’aspettare l’avvenire.
Nelle stanze la voce materna
senza origine, senza profondità s’alterna
col silenzio della terra, è bella
e tutto par nato da quella.
(“Alla vita” da “La Barca”)
Dalla terra e dal suo grembo siamo nati, dalla barca che ci conduce verso lidi sconosciuti, osserviamo l’incedere dei giorni, vivendo o sopravvivendo ai marosi. Il riferimento della raccolta “La barca” di Luzi è chiaramente rivolto al sommo poeta Dante, suo conterraneo. Come Dante, anche Luzi unisce la letteratura al sacro, si veste di salvezza, non senza perdere di vista la quotidianità dell’esistere.
“Credi che il tuo sia vero amore? Esamina
a fondo il tuo passato” insiste lui
saettando ben addentro
la sua occhiata di presbite tra beffarda e strana.
E aspetta. Mentre io guardo lontano
ed altro non mi viene in mente
che il mare fermo sotto il volo dei gabbiani...
“La pace / se verrà, ti verrà per altre vie / più lucide di questa, più sofferte; / quando soffrire non ti parrà vano / ché anche la pena esiste e deve vivere / e trasformarsi in bene tuo e altrui”. Nessuno di noi è passato indenne attraverso il dolore, ognuno di noi ha sacrificato qualcosa e ricucito cicatrici, più o meno fonde. Insieme a Luzi, ci domandiamo anche noi quale sia il ruolo dell’amore e se davvero, un giorno, ne vedremo la vittoria.
Amici ci aspetta una barca e dondola
nella luce ove il cielo s’inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d’Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che precede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d’aspettare l’avvenire.
Nelle stanze la voce materna
senza origine, senza profondità s’alterna
col silenzio della terra, è bella
e tutto par nato da quella.
(“Alla vita” da “La Barca”)
Dalla terra e dal suo grembo siamo nati, dalla barca che ci conduce verso lidi sconosciuti, osserviamo l’incedere dei giorni, vivendo o sopravvivendo ai marosi. Il riferimento della raccolta “La barca” di Luzi è chiaramente rivolto al sommo poeta Dante, suo conterraneo. Come Dante, anche Luzi unisce la letteratura al sacro, si veste di salvezza, non senza perdere di vista la quotidianità dell’esistere.
“Credi che il tuo sia vero amore? Esamina
a fondo il tuo passato” insiste lui
saettando ben addentro
la sua occhiata di presbite tra beffarda e strana.
E aspetta. Mentre io guardo lontano
ed altro non mi viene in mente
che il mare fermo sotto il volo dei gabbiani...
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