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TRAMA:
A Gubbio, in provincia di Perugia, un sacerdote è chiamato a ricoprire l'incarico di parroco nella Chiesa di San Giovanni. Questo sacerdote è don Matteo Minelli, che è nato in Umbria ma è stato missionario per tanti anni all'estero. Appena arrivato in città, il prete si reca dal Vescovo Guido, suo amico di vecchia data. È stato proprio Guido che lo ha scelto come successore di don Luigi, il precedente parroco morto di vecchiaia. Il Vescovo spiega a don Matteo che in una piccola città italiana bisogna imparare ad agire con discrezione, e gli raccomanda di indossare la tonaca e di non intromettersi nelle indagini effettuate dalle forze dell'ordine. Don Matteo obbedisce subito all'ordine di vestire l'abito talare, ma sa che Dio gli ha donato un intuito per mettersi al servizio del Bene.
Viene ritrovato nel fiume il cadavere di Slavkov, un profugo croato che lavorava nell'azienda dell'ingegner Galimberti. Tutto fa pensare che si tratti di un suicidio: l'uomo ha lasciato un biglietto d'addio, ma l'acqua del fiume lo ha fatto sbiadire e non si riesce a leggere quello che c'è scritto.
Don Matteo entra in chiesa e si presenta alla perpetua Natalina e al sacrestano Pippo. Poi celebra la sua prima messa nella nuova parrocchia. Il suo discorso fa riferimento agli insegnamenti di don Luigi, che lo aveva battezzato e ordinato sacerdote: don Matteo promette che avrà sempre la capacità di ascoltare chiunque abbia bisogno del suo aiuto. Alla celebrazione eucaristica è presente anche il maresciallo dei Carabinieri Cecchini, un uomo intelligente e di grande fede, che apprezza subito la capacità comunicativa di don Matteo. Terminata la messa, Eliana, la vedova di Slavkov, chiede a don Matteo di celebrare il funerale per suo marito e gli dice di essere disperata. Sia lei e sia Slavkov sono sempre stati cattolici convinti, e suo marito non aveva nessun motivo per togliersi la vita: i due erano riusciti a fuggire dalla guerra e qui in Italia avevano trovato una nuova vita, ed erano felici. Eliana teme che se davvero Slavkov si sia suicidato, la sua anima andrà all'Inferno, perché è questo che accade alle persone che si suicidano. Don Matteo le promette di scoprire la verità.
Il prete va in caserma, conosce il maresciallo Cecchini e gli fa capire che Slavkov non si è suicidato e che bisogna fare luce su questo mistero. Don Matteo vorrebbe vedere il biglietto d'addio che il morto aveva nella tasca, ma bisogna chiedere il permesso al capitano Anceschi, il comandante della caserma. Quest'ultimo non ha nessuna intenzione di prendere in considerazione l'ipotesi di don Matteo, e si rifiuta di mostrargli quel biglietto.
TRAMA:
A Gubbio, in provincia di Perugia, un sacerdote è chiamato a ricoprire l'incarico di parroco nella Chiesa di San Giovanni. Questo sacerdote è don Matteo Minelli, che è nato in Umbria ma è stato missionario per tanti anni all'estero. Appena arrivato in città, il prete si reca dal Vescovo Guido, suo amico di vecchia data. È stato proprio Guido che lo ha scelto come successore di don Luigi, il precedente parroco morto di vecchiaia. Il Vescovo spiega a don Matteo che in una piccola città italiana bisogna imparare ad agire con discrezione, e gli raccomanda di indossare la tonaca e di non intromettersi nelle indagini effettuate dalle forze dell'ordine. Don Matteo obbedisce subito all'ordine di vestire l'abito talare, ma sa che Dio gli ha donato un intuito per mettersi al servizio del Bene.
Viene ritrovato nel fiume il cadavere di Slavkov, un profugo croato che lavorava nell'azienda dell'ingegner Galimberti. Tutto fa pensare che si tratti di un suicidio: l'uomo ha lasciato un biglietto d'addio, ma l'acqua del fiume lo ha fatto sbiadire e non si riesce a leggere quello che c'è scritto.
Don Matteo entra in chiesa e si presenta alla perpetua Natalina e al sacrestano Pippo. Poi celebra la sua prima messa nella nuova parrocchia. Il suo discorso fa riferimento agli insegnamenti di don Luigi, che lo aveva battezzato e ordinato sacerdote: don Matteo promette che avrà sempre la capacità di ascoltare chiunque abbia bisogno del suo aiuto. Alla celebrazione eucaristica è presente anche il maresciallo dei Carabinieri Cecchini, un uomo intelligente e di grande fede, che apprezza subito la capacità comunicativa di don Matteo. Terminata la messa, Eliana, la vedova di Slavkov, chiede a don Matteo di celebrare il funerale per suo marito e gli dice di essere disperata. Sia lei e sia Slavkov sono sempre stati cattolici convinti, e suo marito non aveva nessun motivo per togliersi la vita: i due erano riusciti a fuggire dalla guerra e qui in Italia avevano trovato una nuova vita, ed erano felici. Eliana teme che se davvero Slavkov si sia suicidato, la sua anima andrà all'Inferno, perché è questo che accade alle persone che si suicidano. Don Matteo le promette di scoprire la verità.
Il prete va in caserma, conosce il maresciallo Cecchini e gli fa capire che Slavkov non si è suicidato e che bisogna fare luce su questo mistero. Don Matteo vorrebbe vedere il biglietto d'addio che il morto aveva nella tasca, ma bisogna chiedere il permesso al capitano Anceschi, il comandante della caserma. Quest'ultimo non ha nessuna intenzione di prendere in considerazione l'ipotesi di don Matteo, e si rifiuta di mostrargli quel biglietto.
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